L'evoluzione legislativa

LA LEGISLAZIONE ITALIANA SULL'AMIANTO DAL 1986 AL 1992

La Legge 257/92 ha sancito il definitivo divieto in Italia di estrazione, uso, lavorazione, commercializzazione dei minerali dell'amianto e dei prodotti che li contengono riconoscendone gli effetti altamente nocivi per la salute.

Il cammino legislativo che ha condotto alla dismissione dell'amianto è stato difficile e articolato.

Comincia con l'emanazione dell'Ordinanza del Ministero della Sanità del 26 giugno 1986, che recepisce disposizioni della direttiva CEE 83/478 ed introduce un divieto parziale per l'immissione sul mercato e per l'uso della crocidolite, varietà mineralogica ritenuta più pericolosa. L'atto ministeriale prevede delle deroghe per alcuni prodotti (tubazioni in cemento amianto, etc.) sino all'anno 1993.

All'Ordinanza seguono le Circolari dello stesso Ministero 42/86 e 45/86. In particolare, la seconda ha lo scopo di proteggere alcuni soggetti da esposizioni indebite all'amianto all'interno di particolari ambienti indoor come scuole ed ospedali. Detta infatti linee strategiche d'intervento per individuare ed eliminare il rischio dovuto alla presenza di amianto in strutture scolastiche ed ospedaliere.

Con il Decreto 16 ottobre 1986 del Ministero Industria, Commercio, Artigianato e del Ministero della Sanità viene integrato il D.P.R. 128, 1959 (Norme di polizia delle miniere e delle cave) in materia di controllo dell'aria ambiente nelle attività estrattive. Il provvedimento impone il controllo dell'inquinamento ambientale con cadenza trimestrale, stabilisce dei valori limite per i diversi tipi di amianto, introduce l'obbligo di registrazione dei nominativi dei lavoratori addetti negli ambienti in cui si effettuano i controlli.

In tema di protezione dei lavoratori, il Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 21 gennaio 1987 detta disposizioni inerenti alle modalità con cui effettuare le visite mediche periodiche per gli esposti al rischio di asbestosi. In particolare, richiamando gli art. 157, 160, 171 del Testo Unico dell'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni e le malattie professionali (D.P.R. 30 giugno 1965, 1124/65), limita il ricorso agli accertamenti radiografici, considerata la nocività delle radiazioni stesse, prevedendo in sostituzione altri indicatori diagnostici (ricerca corpuscoli asbesto nell'espettorato, etc.).

Con il Decreto del Ministero della Sanità 2 marzo 1987 viene approvato l'elenco aggiornato delle industrie insalubri di cui all'art. 216 del Testo Unico delle leggi sanitarie. La produzione e l'impiego dell'amianto e dei materiali che lo contengono figurano tra le attività insalubri elencate nella parte B) Prodotti e materiali, alla voce N. 9.

Nel 1988 vede la luce il Decreto del Presidente della Repubblica n. 215/88 in attuazione delle direttive comunitarie 83/478 e 85/610, che prevedono restrizioni in materia di immissione sul mercato e di uso di talune sostanze e preparati pericolosi. Il decreto sancisce il divieto assoluto d'utilizzo e d'introduzione sul mercato della crocidolite, pur se con alcune deroghe (per prodotti e installazioni come tubazioni, manicotti, pavimentazioni etc. in amianto-cemento), reca disposizioni particolari in tema di etichettatura di prodotti contenenti amianto, già regolata dalla legge 256/74, ed introduce alcune restrizioni nell'impiego di altre varietà dell'amianto in prodotti di largo consumo (giocattoli, preparati da applicare a spruzzo, vernici, etc.).

Il Decreto del Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale 20 giugno 1988 richiama indirettamente l'attenzione sui rischi derivanti dalle attività che espongono all'inalazione di fibre di amianto. Viene, infatti, approvata la nuova tabella dei tassi di premio per l'assicurazione obbligatoria contro silicosi e asbestosi con relative modalità applicative.

Un altro importante passo avanti nel controllo dell'impiego di amianto e delle quantità smaltite, deriva dal Decreto 26 aprile 1989 del Ministero dell'Ambiente, che istituisce il catasto nazionale dei rifiuti speciali. In base ad esso tutti i soggetti produttori di rifiuti contenenti amianto hanno l'obbligo di presentare una dettagliata dichiarazione annuale.

In materia di controllo della qualità dell'aria e di contenimento di emissioni inquinanti di impianti industriali, sono emanati il D.P.C.M. 21 luglio 1989 ed il Decreto del Ministero dell'Ambiente 12 luglio 1990.

Il primo è diretto alle Regioni per l'attuazione del D.P.R. 203/88 e stabilisce che i titolari di impianti che producono, usano e trasformano amianto devono presentare una richiesta di autorizzazione entro un certo termine (fine del mese) insieme con il relativo progetto di adeguamento da produrre entro un anno.

Il secondo è mirato al contenimento delle emissioni industriali inquinanti, di cui ne fissa i valori minimi di riferimento. Riguardo all'amianto, inserito tra gli agenti cancerogeni e/o teratogeni e/o mutageni (Tab. A1 classe I) per i quali ridurre al minimo le relative emissioni nell'aria, viene stabilito un limite pari a 0.1 mg/mc se il flusso di massa è uguale o superiore a 0.5 g/h.

Un tappa fondamentale nell'iter di dismissione dell'amianto è segnata dal Decreto Legislativo 15 agosto 1991 n. 277. Questo attua cinque direttive comunitarie (80/1107, 82/605, 83/477, 86/188, 88/642) e detta norme e misure per la protezione dei lavoratori dai rischi derivanti da alcuni agenti fisici e chimici, tra cui i minerali dell'asbesto (Capo III). Oltre a costituire una vera e propria rivoluzione culturale sull'approccio, sulla presa di coscienza e sulle azioni da intraprendere per le problematiche connesse ai rischi dei lavoratori ed alla loro sicurezza, il decreto vieta le applicazioni dell'amianto a spruzzo (introducendo così un altro divieto sull'uso dopo l'ultimo del 1988); impone al datore di lavoro la valutazione dell'esposizione occupazionale al rischio specifico, al fine di adottare le misure preventive e protettive; fissa i valori limite d'esposizione alla polvere d'amianto nell'aria, estendendone il rispetto a tutti i settori lavorativi con la sola esclusione delle attività estrattive, per cui l'adeguamento al limite ultimo del crisotilo è differenziato nel tempo (a partire dal '96).

Il passo ulteriore è segnato dalla Legge 27 marzo 1992 n. 257, poi modificata dalla Legge del 4 agosto 1993 n. 271, che dispone la cessazione definitiva dell'impiego dell'amianto. La legge detta norme che prevedono il divieto d'estrazione dei minerali, di produzione di manufatti con amianto, di commercializzazione, importazione ed esportazione. In particolare, prevede misure di decontaminazione e bonifica di aree inquinate; aggiorna i valori limite nei luoghi di lavoro o negli ambienti in cui si bonifica o smaltisce amianto (già definiti nel D.Lgs. 277/91); stabilisce l'emanazione di normative e metodologie tecniche per gli interventi di bonifica; contiene misure per favorire la riconversione produttiva delle imprese del settore e la ricerca dei materiali sostitutivi, nonché per sostenere gli occupati, cui è concesso, su richiesta, un trattamento previdenziale straordinario; prevede un articolato quadro sanzionatorio per il mancato rispetto dei valori limite, degli obblighi inerenti alle misure di sicurezza, alla rimozione dell'amianto ed alla tutela dell'ambiente, nonché per il mancato rispetto degli adempimenti di informazione agli organi preposti sulle attività di imprese che usano, smaltiscono, bonificano amianto. Alle USL è affidato l'incarico di vigilare sulle attività a rischio da amianto e sul rispetto dei limiti di concentrazione; alle Regioni e Province autonome, invece, il compito di predisporre piani territoriali di protezione dell'ambiente, di decontaminazione, di smaltimento e di bonifica.

Per attuare concretamente la Legge 257/92 per la parte relativa al censimento delle situazioni a rischio viene emanato il Decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 1994, che detta l’atto di indirizzo alle Regioni per adottare piani di protezione, decontaminazione, smaltimento e bonifica dell’ambiente: dovranno essere censite tramite apposita scheda sia le industrie che utilizzavano amianto, sia chi esegue le bonifiche, sia gli edifici civili ed i capannoni con presenza di amianto libero o in matrice friabile.

Il Decreto 6 settembre 1994 del Ministero della Sanità specifica le metodologie da seguire per bonificare o mettere in sicurezza i materiali contenenti amianto presenti nelle strutture edilizie: oltre alla possibilità di non intervento, quando il materiale sia integro e non suscettibile di danneggiamento, si può seguire la strada del confinamento, dell’incapsulamento o della rimozione definitiva. Vengono descritte alcune tecniche di bonifica, le tecniche per la determinazione della concentrazione di fibre aerodisperse, i DPI da utilizzare per i lavoratori. Vengono poi fissati i criteri di restituibilità degli ambienti bonificati. Questo Decreto costituisce un riferimento fondamentale per chi deve cimentarsi con le problematiche legate all’amianto. La successiva Circolare n. 7 del 12 aprile 1995 estende i contenuti del Decreto anche agli impianti tecnici operanti sia all’interno che all’esterno di edifici.

Un analogo provvedimento, il Decreto 26 ottobre 1995 del Ministero della Sanità, viene emanato per la valutazione del rischio, il controllo, la manutenzione e la bonifica dei materiali contenenti amianto presenti nei mezzi rotabili.

Il Decreto 14 maggio 1996 del Ministero della Sanità stabilisce le modalità per la bonifica di altre tipologie di opere: siti industriali dismessi, unità prefabbricate, tubazioni e cassoni per l’acqua, pietre verdi; inoltre stabilisce i criteri minimi per i laboratori di campionamento ed analisi di amianto.

Ulteriori istruzioni, nonché le modalità di bonifica a bordo di navi, vengono riportate nei Decreti 20 agosto 1999 e 25 luglio 2001 del Ministero della Sanità.

Per quanto riguarda l’aspetto sanitario, viene emesso con colpevole ritardo (11 anni) il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 308 del 10 dicembre 2002, che detta le specifiche per la tenuta del registro dei mesoteliomi secondo quanto previsto dall’art. 36 del Decreto Legislativo 277/91.

La parte della Legge 257/1992 relativa ai benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto viene rivista dalla Legge n. 326 del 24 novembre 2003: il coefficiente moltiplicatore degli anni di esposizione passa, a decorrere dal 1 ottobre 2003, da 1.5 ad 1.25; il bonus è solo di tipo economico, non contribuisce ad aumentare l’anzianità contributiva; viene (finalmente) stabilito per legge che il criterio per stabilire l’avvenuta esposizione è una concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno. La procedura d’attuazione dell’art. 47 della Legge 326/2003 viene formalizzata dal Decreto 27 ottobre 2004 del Ministero del Lavoro e Politiche Sociali.

Col Decreto Legislativo n. 257 del 25 luglio 2006 viene recepita la Direttiva Europea 2003/18/CE sulla protezione dei lavoratori dai rischi legati all’amianto: viene introdotto il concetto di “esposizione sporadica e di debole intensità”, per la quale gli obblighi di notifica all’organo di vigilanza, sorveglianza sanitaria e di registrazione delle esposizioni vengono a cadere; il valore limite d’esposizione viene confermato pari a 0,1 ff/cc per qualunque tipo d’amianto.

Ad oggi, l’ultimo aggiornamento normativo è il Decreto Legislativo n. 81 del 9 aprile 2008, che abroga i preesistenti Decreti Legislativi 277/91 e 626/94, inglobando pertanto il Decreto Legislativo 257/2006, con alcune modifiche nei contenuti relativi ai DPI ed alla sorveglianza sanitaria; all’amianto è dedicato il Capo III del titolo IX (sostanze pericolose).

Per quanto riguarda le attività che possono comportare esposizioni saltuarie e di debole intensità (ESEDI), queste non sono soggette agli obblighi di notifica di inizio lavori e di sorveglianza sanitaria, ai sensi dell'articolo 249 comma 2 e 4 del Decreto Legislativo 81/2008; a tale proposito il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha pubblicato la Circolare del 25 gennaio 2011 che fissa gli orientamenti pratici per determinare quali attività comportanti manipolazione di materiali contenenti amianto possano essere classificate come ESEDI

EVOLUZIONE NEL TEMPO DEI VALORI LIMITE DI ESPOSIZIONE NEGLI AMBIENTI DI LAVORO

Decreto 16 ottobre 1986 del Ministero Industria, Commercio, Artigianato e del Ministero della Sanità

(Campo di applicazione: attività estrattive)

Tipo d'asbesto Valore limite (ff/cc)
Crisotilo e miscele d'amianto prive di crocidolite e amosite 1
Crocidolite 0.2
Amosite 0.5
Miscele contenenti crocidolite o amosite tra 0.2 ed 1 ff/cc proporzionalmente al contenuto di crocidolite e/o amosite nella miscela

Decreto Legislativo 15 agosto 1991 n. 277

(Campo di applicazione: tutte le attività)

Tipo d'asbesto Valore limite (ff/cc) Note
Crisotilo 1 sino al 1992
Crisotilo 0.6 dal 1993, escluse le attività estrattive
Crisotilo 0.6 dal 1993, anche per le attività estrattive
Altre varietà e/o miscele d'amianto 0.2
Tutti i tipi di amianto   Per lavorazioni a sensibile variazione di concentrazione di polvere d'amianto nell'aria, la concentrazione non deve superare il quintuplo dei valori limiti per quindici minuti di esposizione

Legge 27 marzo 1992 n. 257

(Campo di applicazione: tutte le attività)

Tipo d'asbesto Valore limite (ff/cc) Note
Crisotilo 0.6 Per tutte le attività compresa l'estrazione.

Decreto Legislativo 25 luglio 2006 n. 257

(Campo di applicazione: tutte le attività)

Tipo d'asbesto Valore limite (ff/cc)
Tutti i tipi d’amianto 0.1

Vedi anche: I minerali dell’asbesto, Le malattie dell’asbesto, Gli aspetti assicurativi, L’asbesto e il Testo Unico per l’assicurazione infortuni